Il taglio di cui vi racconteremo oggi è molto apprezzato in tutta la penisola per la sua versatilità in cucina ma soprattutto per il suo sapore. Stiamo parlando del Campanello.
Il nome Campanello potrebbe non dirvi nulla, probabilmente perchè questo pezzo assume una denominazione diversa a seconda del luogo geografico in cui viene gustato. Viene nominato diversamente in quasi ogni città d’ Italia: qualcuno lo chiama Pesce come a Venezia; al sud è il Piscione o Piccione; a Firenze è il Callo del campanello mentre a Palermo è definito l’Imperatore e ce ne sono ancora altri (Gamba, Gamboncello o Indisco). Tanti nomi diversi per indicare un taglio gustoso che si presta preparazioni e abbinamenti anche molto diversi.
Il nome del taglio è dovuto alla particolare forma, culminante nel famoso callo tanto amato nelle ricette di origine campana, che dona cremosità e sapore alla Genovese e ai sughi della domenica. Altre caratteristiche assolutamente uniche di questo piccolo gioiello gastronomico si possono scoprire declinando in maniera sempre più specifica le varie fasce muscolari che lo compongono e dando spazio alla fantasia. Vi assicuro che con un esame attento di queste carni potrete preparare tagli teneri e succulenti quanto un filetto: provare per credere.
Proprio la versatilità in cucina è una delle sue qualità migliori, con questo taglio si può preparare un ottimo stufato, un buon gulasch ma anche un delizioso brodo. Tra tutti i tipi di cottura però ce n’è uno che ne esalta il sapore in particolar modo: il brasato.
Preparazione
Brasare, è una tecnica di cottura antica che pare sia risalente addirittura al medioevo: significa cuocere un pezzo intero di carne, lentamente e a lungo nel forno o in una casseruola. Il cibo viene cotto all’interno di un contenitore chiuso con il coperchio, che intrappola il vapore. Il primo passo per ottenere un perfetto brasato è metterlo a rosolare in poco olio, burro o entrambi, affinché si crei quella crosticina dorata che sigilla la carne, impedendo la fuoriuscita dei succhi ed evitando quindi di renderla meno succulenta.
Dopo la prima rosolatura, la carne si cuoce quindi in parte per immersione nel liquido di cottura, in parte a vapore dal quale assorbe il profumo. Per brasare la carne, tradizionalmente si utilizza il vino rosso. Sono molto adatti ad esempio i vini piemontesi come il Barolo, il Nebbiolo e il Barbaresco oppure i lombardi Sassella o l’Inferno sempre da uva nebbiolo qui detta Chiavennasca, ma un gran vino rosso farà sempre un ottimo lavoro. Un Sangiovese Grosso o di Romagna, un Aglianico o un Negroamaro vi sorprenderanno… Assieme bisogna anche preparare un fondo a base di verdure e spezie, che sul fuoco sprigioneranno i loro aromi insaporendo così il nostro Campanello.
A fine cottura la carne del brasato si presenta scura e quasi caramellata. Con il sugo che si ricava dal fondo filtrato o frullato si potrà eventualmente condire la pasta, mentre con la carne si potrà preparare il ripieno di ravioli e agnolotti.
Il Campanello di per sé, essendo una carne che si presta a diverse ricette, non ha un abbinamento prediletto. Si può osare tanto, ovviamente tenendo conto del fatto che si tratta di carne di manzo. Per quanto riguarda il brasato, invece consigliamo un rosso corposo e di grande struttura, capace di richiamare le spezie proprie della ricetta, ovviamente Barolo e Barbarbaresco sono gli accostamenti classici, ma si può anche abbinare un Aglianico del Vulture o magari con un buon Merlot, meno impegnativi di un Barolo ma comunque capaci di creare un giusto abbinamento, che esalti il sapore del taglio.